1922

Artista abile nei pennelli, così come nella lavorazione artistica del cuoio

(Stefano Renzoni 2011)

 

Ferruccio Pizzanelli - (Pisa, 3 marzo 1879 – 1 gennaio 1950)

Ferruccio Pizzanelli frequentò la scuola d’Arte di Lucca e poi l’Accademia di Belle Arti Firenze, dove si diplomò orientandosi principalmente verso le arti applicate. Questa propensione lo portò nei primissimi anni del Novecento a dedicarsi intensamente alla lavorazione artistica del cuoio, ben evidente nel suo esordio pisano del 1904, dove nello studio di Via S.Maria propose oggetti definiti “Splendidi” e dal gusto aggiornato sugli esiti Jugendstil, che fecero dire al recensore di parer di trovarsi “nel cuore della Germania”, tanto i suoi decori fatti di “teste pensose di guerrieri medievali” e di “cavalcate antiche” attingevano a risorse diverse dalle solite rivisitazioni nostre.
Vinto poi nel 1906 a Milano, nella prestigiosa Esposizione del Sempione, il gran premio nel settore dei cuoi lavorati (d’ardita lavorazione a graffio e sbalzo), l’anno dopo l’artista decise di stabilirsi nella capitale lombarda, divenendo direttore della “Società Italiana dei Cuoi Decorati”, cui tra l’altro applicava inediti sistemi di colorazione. La stampa specializzata cominciò ad occuparsi dei suoi lavori e con giudizi affatto lusinghieri, così che quando nel 1907 affiancò Galileo Chini nella celeberrima Sala del Sogno alla VII Biennale di Venezia, arricchendone gli addobbi con tende ed una serie di cuscini in cuoi “garbatamente incisi e colorati” – sì da “rallegrare le pupille del più raffinato buongustaio d’arte” – la circostanza parve il primo raggiungimento, non certo l’apice, di una fulminante carriera ancora agli esordi. Nel 1908 l’artista vinse infatti premi ad importanti mostre a Torino e a Bruxelles; poco dopo partecipò a quelle di Torino, ancora, e di Roma. La critica, specie in relazione ai suoi cuoi, ravviserà in questa stagione di Pizzanelli una fitta trama di rimandi culturali, dove le prime mozioni secessioniste venivano arricchite con rimandi ad un naturalismo “di matrice giapponese” e rimandi a Beardsley e, ovviamente, a chini, come impresa di una sperimentazione colta e meditata.
Nel 1913 Pizzanelli fece ritorno a Pisa, dove cominciò ad esporre anche quadri, con una rinnovata sensibilità per le sperimentazioni figurative che certo beneficiò di un suo lungo soggiorno a Torre del Lago (1916-1924), dove ebbe modo di conoscere l’ambiente artistico versiliese e pucciniano (Viani, Pea, Levy…), traendone partito per un affinamento dei suoi interessi pittorici, che fino ad allora erano stati meno approfonditi.
Nel 1916, partecipando a Pisa ad una mostra “Pro mutilati di guerra”, esibì allora la sua abilità nel fare buon uso di uno svariato sistema di tecniche artistiche, dal momento che accanto ai consueti cuoi presentò alcune xilografie e, forse per la prima volta in una occasione così importante, diverse tele e pastelli “oltremodo suggestivi per un senso di mistero che vi aleggia”, che dimostravano una flessione su temi simbolisti e densi di riecheggiamenti lirici e sentimentali che risentivano di Nomellini, che ne facevano, così la critica, “il poeta della notte e delle solitudini”.
Furono quelli per Pizzanelli anni segnati da numerose partecipazioni espositive (Viareggio, Firenze, Torino, Livorno, Roma, Buenos Aires), dove egli, pur non disdegnando la riproposizione dei cuoi, cominciò ormai definitivamente ad imporsi in campo pittorico, con certi suoi quadri che tenevano dei temi di Levy – e talvolta anche dei colori – ma che sempre più si affrancavano dal falso impressionismo di certi latinucci giovanili, per imporsi invece per una originale e franca rilettura della tradizione pittorica toscana. Non a caso allora, a partire dagli anni Venti, la sua pittura venne esplicitamente riletta come articolata in una originale rilettura di Cezanne, ma con un fare “meno rude e più equilibrato”, che talvolta, per quel tono intimista e malinconico che spesso faceva da basso continuo alle sue composizioni, lo fecero definire come un “bizzarro impressionista”.
Negli anni successivi, dallo studio nella centralissima Via S.Martino, Pizzanelli diventò uno dei protagonisti assoluti dell’ambiente culturale di Pisa negli anni del fascismo, organizzando mostre – sue e di altri – partecipando assiduamente alle Sindacali, insegnando pittura ad un cospicuo drappello di estimatori (“maestro di una intera generazione di pittori cittadini”) dedicandosi con buoni risultati anche alla pittura su parete (Facoltà di Agraria dell’Università, sede della milizia Fascista, Palazzo della Provincia), nel segno di una sperimentazione tecnica inesausta e ricca di risultati.
A partire dagli anni Trenta Pizzanelli, pur continuando ad esporre in tutta Italia (Viareggio, Napoli, Venezia, Firenze…) scelse Pisa come principale teatro della propria attività, proponendo una pittura che incontrò i favori del pubblico per quella sua vena accostante ed intimista che talvolta si volle genericamente interpretare come “poetica”, fatta do paesaggi luminosi e sospesi, ma con una vena malinconica e pensosa, che facevano da contraltare, sebbene lui convinto fascista, alle certezze gridate del Ventennio. Il tutto poi alternato a nature morte dal forte valore plastico, e da volti solenni e inesorabili, che fecero dire a qualcuno che bene si trattava di una rilettura di quelli scabri e potentissimi di Masaccio. E non aveva torto, perché negli squadri costruttivi dei suoi paesaggi ben s’individua una “saldezza architettonica” neoquattrocentesca, sì che “la forma si sent(iva) con la sua pienezza”, e Pizzanelli finì con l’essere interpretato come uno dei “veri primitivi di un nuovo classicismo”. Mentre le sue nature morte, bellissime, si sviluppavano in una saldezza plastica che le faceva parenti di certe di Oscar Ghiglia.
La sua fu una pittura di tono figurativo sostanzialmente estranea alle avanguardie, ma dove si espresse un gusto raffinato per la personale rielaborazione della pittura di Levy e Chini, non distante dai risultati del gruppo dei pittori del Novecento. Ma nel Nostro il passaggio dalle giovanili tessiture cromatiche del mare Tirreno scandite da donne e ombrelloni, alle più ostiche forme monumentali della maturità, fu ricomposto da un istinto autentico d’artista e da un garbo pittorico costante, che ne riscattò in esiti colti e gradevolissimi le pause celebrative (che pure vi furono), l’ostentata e per altri pericolosa divisa del combattente, che mai in lui fu piegata dalla routine.
Fu allora un artista vero Pizzanelli e, a detta di chi lo conobbe, uomo dignitoso e altrettanto onesto. “Morto piuttosto povero perché troppo poeticamente, distrattamente e disinteressatamente artista”: così Astianatte disse di lui. E fu epigrafe dolce e beneaugurante, senza l’ambiguo sentimento dell’affetto complice e interessato, ma con la parola fiera che si doveva a chi se l’era ben meritata. E noi alla pronuncia di quella ci aggiungiamo.
Stefano Renzoni (2010)



Più di recente sue opere sono apparse nelle seguenti mostre:

  • 1998 – S.Croce sull’Arno (Pi), «Arte a Pisa nel II dopoguerra, eventi e protagonisti per Uliano Martini», a cura di Nicola Micieli
  • 1998 – Pisa, «Incisione Pisana del Novecento», a cura di Nicola Micieli
  • 2000 – Pisa, Galleria Simone Vallerini, «Mostra Retrospettiva» a cura di Fabrizio Pizzanelli e Simone Vallerini
  • 2008 – Seravezza (Lu), «Terre d’Arno nell’arte figurativa dal Seicento al Novecento» a cura di Enrico Dei
  • 2009 – Seravezza (Lu), «Cultura della Terra in Toscana, mezzadri e coltivatori diretti nell’arte dell’Ottocento e del Novecento» a cura di Enrico Dei
  • 2011 - Volterra (Pi), "Attraverso il Novecento. Mino Rosi: l'artista e la collezione da Fattori a Morandi"
  • nel 2010 a Pisa, nella prestigiosa sede del Palazzo Blù, si è tenuta la mostra: "Ferruccio Pizzanelli. Pittura ed Arti applicate" a cura di Stefano Renzoni


1899   A Venezia per la Biennale.  Da sinistra in piedi: il 3° Galileo Chini, il 4° Giulio Cesare Vinzio, il 6° Niccolò Cannicci, il 7° Ferruccio Pizzanelli, l'8° Ludovico Tommasi  nel 1900 1915   A Viareggio con la moglie Emma Muller 1922 a Torre del Lago.  Da sinistra: 1° Ferruccio, ultima la moglie Emma Muller, in basso il figlio Antonio Ritratto di Ferruccio (scultura in legno di Amerigo Focacci, primi anni '20) nel 1925 1932  Ritratto di Signora (la moglie Emma) 1932   Io e i miei figli 1934   Autoritratto 1935  Palazzo alla Giornata. Al lavoro  per il Gioco del Ponte. Da sinistra: 1° il pittore Eugenio Sementa, 3° Ferruccio, 5° ing. Ranieri Fiaschi, 6° il pittore Nello Gentilini 1935  Una cartolina di Nomellini 1935   Una cartolina di Nomellini fine anni 30 quadri anche in raffinate stanze milanesi (Rivista AD n.5, 1996) 2010  Pisa   Mostra a Palazzo Blu 2010  Mostra a Palazzo Blu

Lettere all'amico Giovanni (Jean) Caniaux

Jean Caniaux era figlio del Direttore Amministrativo della St. Gobain di Pisa e l'industria del vetro, nei ruoli direttivi, inviava soltanto personale francese. Jean, nato nel 1911,  si trovò così a vivere a Pisa e maturò una profonda vocazione per l'arte divenendo uno degli ultimi e prediletti allievi di Ferruccio Pizzanelli. Jean Caniaux dovette lasciare Pisa alla vigilia della seconda guerra mondiale quando la St.Gobain ritenne prudente far rientrare il personale francese. Caniaux soggiornò in Svizzera e Francia e qui scomparve, giovanissimo, nel 1942. Nel 2002, presso la Galleria Vallerini, si tenne una mostra dedicata a Jean Caniaux ed in quella occasione - grazie alla preziosa attenzione della moglie di Caniaux, la Sig.ra Liliana - furono disponibili  alcune lettere che Ferruccio Pizzanelli aveva inviato a Jean fra il 1939 ed il 1940 e che ora riemergono dall'oblio.

 

Pisa, 14 giugno 1939 - a Jean (Giovanni)  Caniaux

Carissimo Giovanni,

scusi se rispondo un po’ tardi alla sua carissima, ho passato e passo giornate infernali: e quando ella era qua mi confortavo raccontandole le mie cose e da lei ricevevo aiuto e conforto. Come posso perciò non ricordarla? La ricordo e ne sento la mancanza e nella mia solitudine tribolata mi avviene spesso si parlare da solo come se parlassi a lei. Passiamo oltre perché le cose qui vanno male e di male in peggio; non ho avuto ancora il lavoro di S.Croce e la croce più grossa è che non si vende assolutamente più nulla, dico nulla e non ho nulla da fare. Domineddio mi aiuta non lo nascondo; ma le spese di una famiglia sono enormi.

Ha fatto bene a mettersi a lavorare e approfitti molto di trovarsi costà per sfruttare codesti paesi che sono belli e saranno sempre vendibili e interessanti. Non si preoccupi della pittura fredda e castigata – direi assai borghese – che può andare costà. Lei non ha una natura da fare cose castigate e borghesemente cretine. Lei lavori con coscienza, con fermezza, con scrupolo, con grande onestà e non pensi a servire nessuno. Lei ha qualità naturali sufficienti per fare un’opera d’arte quando vuole farla, perciò lavori e sia se stesso. Costà credo c’è pubblico per tutti e anche per le cose intelligenti, e non si perda d’animo, lei deve essere il primo persuaso di se stesso, il resto viene dopo. Lavori, lavori, lavori e le ripeto: approfitti di stare costà e rapisca alla natura tutti i suoi segreti: e quello che è canto e che altri non ode; e sia sintetico, essenziale, ma fine e poetico di una poesia maschia.

Io di interessante ho fatto poco o nulla: solo due nature morte che non piacciono alla mia dolce compagna (la sig.ra Emma) e sto ora addobbando dei barchetti per la famosa Luminara di S.Ranieri per guadagnare. Ieri ha fatto capolino dalla finestra il Gobbetto di Calli, ero nello studio. Sor Giuseppe, mi ha detto, dove è il Sor Giovanni? A Losanna! risposi ; e dove resta; in Svizzera; mi pregò e mi ripregò che gli facessi i saluti del Gobbo e gli dispiaceva tanto di non vederlo più. Per S.Ranieri ho anche la comunione di Giuliana, prego Iddio che mi mandi un po’ di carbone per farle festa, e così sia.

Godo che stiate tutti bene compresa la piccola Giovanna Maria. Saluti tanto tanto i suoi genitori e la gentile sua signora. Ringrazio sentitamente il suo babbo per le espressioni gentili e affettuose che mi inviò in una cartolina alla quale non potei rispondere per mancanza del loro indirizzo; lo ringrazio molto e gli dica che contraccambio con tutto il cuore la gentile affettuosità espressami. Leo è a Roma sotto l’esame di stato, poi andrà soldato; tutti soldati meno io che sono vecchio e ormai pronto per l’ospizio.

Saluti a tutti e a lei un abbraccio affettuoso e mi scriva presto e mi dica che lavora

suo

Ferruccio Pizzanelli

 

 

Pisa, 26 settembre 1939 – a Jean (Giovanni) Caniaux

Carissimo Giovanni,

da un pezzo non ho sue notizie. Perché non mi ha più scritto? Ho domandato di lei ai suoi parenti: mi dissero prima che era in Francia, ora mi dicono che è a Losanna . Mi dica qualcosa di lei e cosa fa e se ha l’animo disposto a lavorare, a me sembra di essere già morto; e credo ormai per me sia finita: passiamo tempi brutti per l’arte! Mi dica di lei, dei suoi e come state; noi di salute stiamo bene. Saluti a sua madre e suo padre, alla sua signora e baci alla bambina.

suo

Ferruccio Pizzanelli

 

 

Pisa, 25 novembre 1939 – a Jean (Giovanni) Caniaux

Carissimo Sig. Giovanni,

grazie della sua lettera: questa volta ha scritto prima lei; grazie della foto di Giovanna Marie che è veramente una bellissima bambina e mi compiaccio e mi rallegro con i genitori. Noi stiamo tutti bene, anche Giuliana sta abbastanza bene, e ho piacere sia così anche di voi tutti. Anche io penso spesso a lei e ho tutto qui che mi ricorda di lei, e lo studio, che mi tiene da mattina a sera, mi ricorda sempre lei. Mi mandi le foto di quello che fa, e lavori, con impegno con onestà con amore e soprattutto con fede e lei arriverà e presto, non si scoraggi mai. Farà bene a fare una mostra personale, ma non si limiti al ritratto, esponga anche paese e nature morte e disegni; e lei guardi di disegnare molto anzi moltissimo, e non si preoccupi del moderno, che anche qui ora, cominciano tutti a fare macchina indietro; se vuole una prova si faccia mandare il programma di quest’anno di Venezia e i concorsi di Venezia dell’Esposizione Internazionale.

Cosa faccio io, mi chiede. Lavoro da mattina a sera: ho fatto un S.Francesco di commissione (olio), ho fatto due affreschi  di mt. 4x2,50 per l’Aula Magna dell’Università di Agraria: la semina e il raccolto. Ora sto cominciando (ho già fatto tutti i disegni) 4 affreschi alla colonia Vittorio Emanuele al Calambrone. Farò una grande testa di 4 metri del Duce e una del Re (solo testa) e due grandi carte geografiche dell’impero etiopico e libico compresi i prodotti, le case, le capanne e le navi: divertenti e tutte cubistiche e viste in uno scorcio nuovo; totale 60 metri quadri di affresco. Ho qualche paesino buono e fatto con molta castigatezza. Credo sia per finire l’epoca dei pazzi e non mi addolora affatto.

La mostra a Pisa, se potremo farla, forse la faremo a fine dicembre al Palazzo alla Giornata perché il Teatro non ce lo vogliono dare. Cosa esporrò non so; certamente un Mussolini a cavallo (olio) circondato da molte camicie nere e da molta romanità e anche qualche paesino.

Di quanto mi chiede mia moglie non si ricorda di nulla e non sa darle spiegazioni. I miei figlioli. Tonino è sempre alla Gallinari, l’altro Leonardo ha il cervello che gli bolle e vuole fare l’artista pittore; prese e bene il titolo di maestro a Roma ma non vuole insegnare e studia. Ha dato un esame al Liceo artistico di Firenze e ora si prepara per la licenza: disegna e abbastanza bene. Ha preso uno studio in Via S.Cecilia e guadagna anche facendo arazzi e disegni, gli arazzi li fa abbastanza bene. Fa dei grandi discorsi da grande uomo, qualche volta interessanti, posa da superuomo, è contro il novecento e la modernità, vuole essere classico e adora certi antichi. Giuliana si prepara per il Ginnasio e io invecchio e il 19 di questo mese abbiamo festeggiato con la mia vecchia il 25° anno di matrimonio, nozze d’argento.

Saluti i suoi carissimi genitori e la Signora Liliana e anche la Piccola e riceva un abbraccio affettuoso da me

suo

Ferruccio Pizzanelli

 

 

Pisa, 20 gennaio 1940 – a Jean (Giovanni) Caniaux

Caro Giovanni,

Le rispondo in ritardo e in fretta: da dieci giorni ho Leonardo ammalato da un attacco di appendicite; ora trovasi alla clinica Baggio in attesa di essere operato e comincia a stare benino. Ho passato giorni assai brutti e ho perso tanto tempo da non credere; con più calma e in un altro momento le scriverò di più e assai.

Ora la saluto insieme a tutti i suoi e con tanti auguri di PACE (maiuscola). Saluti la sua Signora e i suoi genitori e auguri di lavoro

suo

Ferruccio Pizzanelli

 

 

Pisa, 6 febbraio 1940 – a Jean (Giovanni) Caniaux

Carissimo Giovanni,

grazie della sua lettera e della sua premura. Leonardo è ancora in clinica chirurgica dal Prof. Baggio e dato che esiste un principio di peritonite localizzata non è stato ancora possibile operarlo. Ora sta assai meglio e, se non ci sono ricadute, sarà operato presto: è tre giorni che non ha febbre.

Passo giornate terribili e di grande, nera miseria. Non ho da fare nulla e non vendo più nulla; nessuno vuol comprare e sono pieno di debiti. Sia fatta la volontà di Iddio e abbia pietà di me e della mia famiglia. Il 15 corrente si apre la mostra provinciale al Teatro Verdi, vedo nero, non credo che riusciremo a vendere che pochissimo. Mai come ora, dopo la mancanza dei viveri (siamo a tessera) è esistito un egoismo maggiore; è tutto un accaparrarsi per il bene della pancia e questa è l’unica preoccupazione. Io vivo come gli uccelli: giorno per giorno e con poco panico.

Ormai l’arte fra la decadenza del 900ismo e l’amore dello stomaco è finita. Speriamo venga fuori qualcosa e capovolga il mondo perché così non si vive più. Sento anche lei non può lavorare ossessionato dal pensiero della guerra, e ha ragione! E dovrebbe essere una cosa umana che un artista dovrebbe vivere del suo lavoro e in pace. La pace, la pace! Quando aspettano a darla a tutti i popoli che la desiderano. Iddio li ha tutti abbandonati questi, senza Iddio, e li lascia fare finché non si ravvedono.

Godo che voi tutti stiate bene. Baci la sua bimba. Saluti la sua Signora, la mamma, il babbo e saluti da Leo e da Giuliana e da mia moglie.

suo

Ferruccio Pizzanelli

 

 

Pisa, 6 marzo 1940 – a Jean (Giovanni) Caniaux

Carissimo Giovanni,

le cose sono sempre al punto di prima: ormai siamo condannati a soffrire però non sono ancora vinto e lavoro di gran lena dalla mattina alla sera e ormai faccio cose disciplinate, serrate, e belle di colore ed ho nella testa di riuscire, mettendo da parte le cose migliori, a fare una mostra personale in qualche città importante. Mi piego ma non mi spezzo e sono tornato con gioia alla mia vecchia maniera che piace a tutti e a un canto di colore bello, anche orgiastico, ma che rallegri l’animo e dia gioia. Giovanni vuole un consiglio da un vecchio: faccia anche lei così e non perda tempo; il lavoro dà gioia e fa dimenticare anche di aver mangiato poco. Qui le unisco una natura morta venduta al Podestà per il Museo civico per mille lire: e il Podestà stesso ebbe piacere di ritrovare il giovane Pizzanelli dei vecchi tempi passati: abbiamo la stessa età. La foto non potrà dirle la limpidezza e la bellezza di colore, i bianchi preziosi e pieni di luce, ma le dirà il ritorno tecnico all’ordine di una volta e ormai non mi stanco più di questa linea che, dopo tante esperienze, ritrovo con piacere come ritrovando me stesso.

Allora Giovanni torni in sé, lasci la bestialità della guerra da parte; io sto certamente peggio di lei e sono pieno di guai, di debiti; pensi che la vita ora è cara, carissima ed occorrono cinquanta lire al giorno per sfamare alla meglio la famiglia senza vino, senza frutta. Un pensiero continuo affligge l’animo ma quando entro nello studio e chiudo l’uscio lascio tutto fuori nel giardino e mi sento io solo, forte, creatore e, se vuole, acchiappa nuvole, ma artista, soprattutto artista. Il mio figliolo è guarito e anche lui dipinge; il Signore abbia pietà di noi.

Saluti la moglie, la bimba, il babbo e la mamma

suo affezionato

Ferruccio Pizzanelli

 

 

Pisa, 24 dicembre 1940 – a Jean (Giovanni) Caniaux

Carissimo Giovanni,

ho avuto sempre sue notizie da suo suocero. Spero stia bene e così tutti i suoi. Si ricordi qualche volta di me e mi dia sue notizie dirette. Io lavoro poco perché non c’è da fare, siamo un po’ fermi; per l’arte ci vuole la serenità e il benessere. Riceva i miei auguri sinceri e affettuosi per i suoi, per la sua Signora e per Giovanna Maria.

un abbraccio dal suo

Ferruccio Pizzanelli

Pisa, Via S.Martino 69