L'arte insomma vuole rinnovarsi
Alfredo Melani, 1911
...Chi dunque, non incoraggerebbe Ferruccio Pizzanelli, il quale si studia di instaurare una bellezza moderna? Chi si propone di opporre ai vecchi cuoi i cuoi ideati sotto la pressione d’un ideale che a lui appartiene, appartenendo a quanti modernamente pensano? E potrà dirsi vittorioso, il Pizzanelli, perché le linee della sua arte non si sforzano ad imagini stravaganti, non secondano capricci che non appartengono ad un ordine di bellezza persuadente. Gli è che il Pizzanelli venne all’arte spontaneamente, come l’usignolo canta e il cavallo corre...(da Alfredo Melani, 1911)
1906
Milano - Esposizione Internazionale, Padiglione d’Arte Decorativa. Gran Premio per oggetti in cuoio bulinati, decorati, incisi
1907
E potrei continuare citando F.Pizzanelli di Pisa che nei cuoi policromi in guanciali, rivestimenti di sedie e simili, ha note singolari e moderne
Alfredo Melani - Arte Decorativa Antica e Moderna, Manuali Hoepli. Milano 1907, pag 527
Il Sig. Ferruccio Pizzanelli, figlio del Sig. Antonio che ha la cartoleria Sotto Borgo, si è assai distinto a Milano per i suoi lavori in cuoio decorato. Già all’Esposizione ebbe un premio ragguardevole e dal Comitato di essa fu incaricato di preparare una grande cartella che sarà regalata all’Imperatore di Germania. Ora il Pizzanelli ha aperto a Milano una importante fabbrica di cuoio decorato, di quel cuoio così morbido e così bello nei suoi rilievi che rappresenta una delle forme più eleganti e più ricche della decorazione moderna. E di più il Pizzanelli e il Nomellini sono stati chiamati a decorare la sala maggiore dell’Esposizione d’arte a Venezia. Di successo in successo così il nostro Pizzanelli si afferma vittoriosamente un grande artista, il primo anzi degli artisti che in questo genere siansi rivelati in Italia ed abbiano dato a quest’arte tutta la passione e l’ardore più vivi.
“Un artista pisano”, Rivista “Il Ponte di Pisa”. Anno 1907, n.5, pag.2
Sala internazionale. “L’Arte del Sogno” Commissione ordinatrice. Galileo Chini – Edoardo de Albertis – Plinio Novellini – Gaetano Previati.
Ideatori della Sala Plinio Novellini e Galileo Chini, Decorazioni pittoriche di Galileo Chini – decorazioni plastiche di Edoardo De Albertis – Marmi chimicamente colorati della Società Marmifera Ligure di Genova – Impiantito in gres ceramico di Galileo Chini – Tappeto e stoffe del Lanificio Val Bisenzio (Angelo Peyron Toscana) – Portiere della Signorina Bice Smith in ricamo di Anghiari (Toscana) – Cuscini di cuoio di F. Pizzanelli di Milano (pag.127)
Sala Toscana. Commissione Artistica Ordinatrice: Francesco Gioli, Riccardo Mazzanti, Domenico Trentacoste. Volta decorata dal Prof. Giacomo Lolli, Sovrapporta di Francesco e Luigi Gioli, Portiere di F.Pizzanelli (pag. 116)
Catalogo della VII Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia (1907)
1908
Torino - Mostra di arti decorative (oggetti in cuoio)
Bruxelles - Esposizione Internazionale. Gran Premio per gli oggetti in cuoio
1911
L’arte, insomma, vuol rinnovarsi: la tradizione insiste, ma dovrà abbandonare definitivamente il campo alla giovinezza alacre e combattiva che si avanza. L’Italia, col suo passato, potrà aver ragione ad ostinarsi, ma contro corrente non si va; e così nelle grandi come nelle piccole cose la vita che si vive trascina, accende, avvampa gli spiriti fattivi. Si comincia dalla casa e dalla casa si va alla persona, al corredo personale, che deve animarsi dello stesso spirito di colui o di colei che si giova di questo corredo. Ieri erano i gioielli, oggi sono i cuoi e, coi cuoi, i pizzi, i ricami, le vesti e non nel taglio soltanto, jupe-culotte se vi piace, ma nel disegno a fiori, a linee, a punto vivace, colorito, nervoso come l’ora che passa infrenabile nel giro dei suoi minuti. I cuoi! Parrebbe che l’arte del cuoio non potesse contestare nessun diritto all’arte moderna. Invece il diritto è grande, superbo, in Italia. Pensate ai “corami d’arte” di Venezia, alle legature aldine del XVI secolo: pensate ai pomposi cuoi policromi del XVIII secolo, alle gravi poltrone coperte da cuoi floreali, alle pareti dei saloni ricche di cuoi rameggianti in disegni macchinosi: pensate a tutto ciò, alla forza che scaturisce dal complesso di tanta bellezza, e il diritto della tradizione, trattandosi di cuoi d’arte, giganteggerà. Ma il gigante di oggi non può essere il gigante di domani, se il domani cambia i costumi; e se gli artisti d’oggi dalle visioni e dagli incanti moderni traggono espressioni nuove, gli artisti d’oggi saranno, dovranno essere acclamati. Chi dunque, non incoraggerebbe Ferruccio Pizzanelli, il quale si studia di instaurare una bellezza moderna? Chi si propone di opporre ai vecchi cuoi i cuoi ideati sotto la pressione d’un ideale che a lui appartiene, appartenendo a quanti modernamente pensano? E potrà dirsi vittorioso, il Pizzanelli, perché le linee della sua arte non si sforzano ad imagini stravaganti, non secondano capricci che non appartengono ad un ordine di bellezza persuadente. Gli è che il Pizzanelli venne all’arte spontaneamente, come l’usignolo canta e il cavallo corre. E dovrebbe esser così, perché se fosse sempre a questo modo la sua «santa antichità» di Francesco Colonna sarebbe un culto e non un inciampo. Il Pizzanelli poté esplorare quindi liberamente il suo campo, perché egli deve tutta a se stesso la propria cultura: nato dal popolo liberamente studiò, liberamente lavorava e le sue voci d’arte gli appartengono: Liberi sensi in libere parole. Chi domanda a Ferruccio Pizzanelli dove si iniziò, al disegno e all’arte, il Pizzanelli sorride, pensando al tempo perduto nell’Istituto di Belle Arti di Lucca e di Firenze; e toscano, non freddo, sorride e si riscalda nell’inutilità dell’insegnamento d’arte. “Ho imparato da me !” Ecco la risposta del Pizzanelli nel suo aperto linguaggio pisano. Ha imparato da sé, il Pizzanelli, e faticò a disimparare il poco che aveva appreso nelle scuole, specialmente nelle scuole di quindici anni fa, da lui saltuariamente e svogliatamente frequentate; nelle scuole di quindici anni fa, più torpide di oggi nel muoversi sotto la cinta della tradizione. Poi il Pizzanelli tentò il suo cammino, da sè, esplorando, attivo e rapido, perché il bisogno incalzava e l’arte decorativa lo accese, arte più pronta, forse a giungere a risultati pratici; più pronta, dico, a tradurre in moneta gli sforzi accumulati. E se ne accumulò il Pizzanelli!... Parlategli... sembra che artista sincero, egli, non sia tocco dell’amara rampogna del Salmista: Omnis homo mendax. Lo conobbi all’Internazionale di Milano, nel 1906, in quel baraccone - scusi, Padiglione - dell’Arte Decorativa. Modesto presso l’ingresso aveva esposto un gruppo di cuoi, che la folla non osservava, gli artisti, le persone di gusto, osservavano invece e lodavano. Non uno stand: modesto, ripeto, il Pizzanelli all’Internazionale di Milano espose pochi saggi dell’arte da lui coltivata con molto calore, non ancora colla saldezza di risultati che oggi l’artista pisano ha conseguito. Commentava i suoi cuoi, il Pizzanelli: e io lo ascoltavo, benché i suoi cuoi si commentassero da sé. Tralasciando la esecuzione, con varî io notavo la felicità delle trovate, la novità dei contrasti, la bellezza dei toni, la morbidezza dei passaggi nelle armonie non aspre come in molti cuoi secenteschi, non rigide come in molti cuoi cinquecenteschi; ma tenui, insinuanti, carezzevoli. E il Pizzanelli così m’interessò. Francamente il mio interesse all’artista pisano si accrebbe, quando ne conobbi la vita ribelle, la vita d’arte intensa, perocchè io mi sento trasportato irresistibilmente verso tutti coloro che non mentono. E un artista ribelle non può mentire: è schietto, sincero, non bello di fuori, brutto di dentro come - ahimè! - le tombe ornate di fuori all’esterno, all’interno piene di ossa; un artista ribelle non può mentire e mi vince. Così mi sentii trasportato al Pizzanelli di cui, raccogliendo le prove più recenti, oggi mi compiaccio. Seguii il Pizzanelli e lo incontrai sempre libero sulla sua via; e presentandolo come un innovatore o, meglio, introduttore nell’arte del cuoio di quella giovinezza che in altri campi ravvivò energie fattive, sento di compiere un dovere. Duplice dovere, perché la presentazione del Pizzanelli nel festoso convivio della bellezza moderna, si associa alla lode di chi aiutò il Pizzanelli a farsi avanti con più sicurezza: il signor Piero Porta, milanese, appassionato come me ai cuoi del Pizzanelli, nobile soccorritore o contributore all’incremento di essi, che la Società Italiana dei Cuoi Decorati alimenta con fervido pensiero, alimentando mercé le cure soprattutto del signor Porta, la divulgazione d’un gusto nuovo, che vanta ogni titolo a altissimi successi. Pensa, il Pizzanelli, all’addobbo domestico e al corredo personale; e benché egli abbia ideato pannelli da mobili, benché senta la forza di appagare ogni idea sull’arredamento della casa, pensa il Pizzanelli oggi alle minute galanterie, ai cofanetti, ai guanciali, ai cestini da lavoro, e specialmente pensa il Pizzanelli alle borsette da signora. Questo leggiadro ornamento, la borsetta da signora, rappresenta probabilmente la fatica maggiore dell’artista pisano, e la collezione delle borsette, tra i cuoi del Pizzanelli, supera i cofanetti, i guanciali, i cestini. Qui meglio che altrove si giudica l’artista nelle sue tendenze floreali; nella sua semplicità fervida e saggia; poche linee, il biondeggiare di due spighe fermano la sguardo dell’artista, il verdeggiare di qualche ramo sul cielo induce il Pizzanelli a composizione convincenti; come una lineatura stilizzata in movimenti di foglie e giràli, come il contorno di un drago in linee sottili evanescenti, come l’anima filiforme d’una rosa, la ferocia di leoni tra fiamme insidiatrici e la rigidezza di imagini umane tra fronde ondeggianti in capricci asimmetrici, dànno al Pizzanelli lo spunto o il contenuto ideale d’un cuoio, che può essere, ed è, una galanteria della casa o della persona. E invano si interrogano le mie numerose riproduzioni o s’interrogano senza ricavarne la risposta che dà la realtà; la realtà dei cuoi pizzanelliani congiunge al mistero delle linee le gioie del colore, la patinatura, la scorrevolezza del graffito, la superiorità della coloritura di questi cuoi, che il Pizzanelli assegna a suo vanto, a sua invenzione nell’effetto dei contrasti, nella vivezza degli ori, nella saldezza dei riflessi metallici, sogno e sospiro, melodia e dolcezza, non mai inno, non mai canto aperto, non mai sfogo rumoroso di colorista audace. Il Pizzanelli continua a sedurre colla mitezza dei contrasti, e sul terreno della policromia vorrebbe avvicinarsi piuttosto al mistero di Giacomo Whistler e allontanarsi dalle antitesi schioccanti dei cuoi antichi o dei cuoi moderni, che giurano fedeltà al passato. Le anime sognanti si avvicineranno quindi ai cuoi d’arte che sbalza e colorisce Ferruccio Pizzanelli. Bene, il gusto collettivo se ne avvantaggerà.
Alfredo Melani “Cuoi di Ferruccio Pizzanelli”, Ars et Labor. Anno 66°, n. 8 Agosto 1911
Torino - Esposizione Internazionale (oggetti in cuoio)
...Another interesting personality is Sgr.Ferruccio Pizzanelli, a young artist who works in leather, and who recently gave up the directorship of the Société Milanaise des Cuirs décorés. Sgr. Pizzanelli’s leatherwork at Turin, shown by the Société Milanaise, met with great success, the delicacy of his motifs, their rendering with supple modelling and pleasing colour calling forth much admiration.
“The Turin International Exhibition”, The Studio, vol. 53, n. 222 settembre 1911
Roma - Esposizione romana
1913
…Un giovane pisano, Ferruccio Pizzanelli, ha capito i nuovi tempi e ci ha ascoltato: lavora a Milano, dovrà lottare anche lui come forse l’artista bolognese (Alcibiade Fuggi ndr) a cui non mancano i successi morali sapendosi che il commento è un conto, l’arte un altro. E se tutte le vie conducono a Roma noi, da tanti anni, ci ingegnamo di additare le strade piane per la facile circolazione della vita.
Alfredo Melani, «Cronache d’Arte - Italia». Vita d’Arte, Rivista mensile d’arte antica e modern.
Anno VI, volume XI n.62. Siena, febbraio 1913